sabato 31 luglio 2010

Vacanza!!!


E' da quel giorno   che aspetto questo momento, da quel colpo di fulmine che mi prese a dicembre e ancora non mi è passato; ho covato la speranza, il desiderio, il sogno e ora quasi ci siamo. Ebbene sì, se non mi casca qualcosa in testa, se tutto va bene, all'alba del primo agosto la farlocca e il suo scooter si lanciano per le strade d'Italia. Dopo tanto viaggiare all'insegna del lavoro, si parte, su due ruote, con tre borse e un'anima randagia. Unica meta la vacanza. Vado, voglio macinare chilometri, vedere persone care, andare al mare, lasciare alle spalle silenzi violenti, conflitti inutili, autismi vari. Vado dove non ho internet, vado e speriamo non piova.







Ps. non penso che sarò online per un po', quindi non abbiatevene a male se non avete risposte o i commenti non saranno visibili presto. BUONE VACANZE!

lunedì 26 luglio 2010

A volte si torna a malincuore...

Ci sono quei periodi in cui prendi tante di quelle sberle che ti senti un pugile suonato, tra uno sganassone e l'altro fai fatica a capire perché dovresti stare ancora in piedi e quali siano le motivazioni che dovrebbero spingerti ad alzarti la mattina. Poi, come per miracolo, la vita ti ricorda perché sei ancora qui e perché non ti sei ancora tirata sotto a un treno. Sbuca un qualcosa, un'esperienza, un incontro o magari solo un cielo più blu del solito, che ti fanno allargare l'anima, respirare a fondo e pensare: va bene si può andare avanti. Ti ritrovi magari seduta in caffé con due amici, ma non un caffé qualunque, stai lì, vicino alla moschea Sulaimaniya di Istanbul a fumare tabacco alla mela e bere tè, mentre il muezzin chiama alla preghiera. Stai lì, in un altro mondo, in un'altra vita e tutto va bene.

Ma andiamo con ordine.

Ho la gran fortuna di fare cose che interessano ad altri, così ogni tanto mi viene chiesto di andarle ad insegnare qua e là, o magari di collaborare a questo o quel progetto in cui sono coinvolte persone di mezzo mondo. Qualche mese fa, un amico che lavora nella cooperazione mi cerca e mi chiede di partecipare come docente ad un progetto con la Turchia, si tratta di tenere un corso di una settimana sulle cose che faccio io, il posto è dimenticato da dio e da buona parte degli uomini, ma poi magari "ti fermi a Istanbul un paio di giorni". Accetto, convinco una delle mie migliori amiche a venire con me, preparo il materiale per le lezioni, mi faccio prendere dal panico perché farò lezione in inglese con un'interprete che traduce in turco... poi non ci penso più che sono troppo occupata a prendere sberle.

Così arriva il 18 luglio e mi ritrovo con una valigia all'aeroporto di Fiumicino a prendere una serie di aerei fino a Trabzon sul Mar Nero. Viaggio demenziale, albergo peggio, con affaccio autostrada e frequentato da signore che fanno un mestiere antico, anche meritorio volendo, ma certamente rumoroso. Salvata dai tappi per le orecchie mi avvio a far da docente ad un gruppetto di signori turchi, la maggior parte sopra i 40 anni, molto motivati e molto ignoranti. La cosa in sé pare terrificante eppure si rivela essere un'esperienza fantastica! Non la faccio lunga, dico solo che oltre ad essere tutti gentilissimi e simpatici, si sono impegnati come nessuno mai e alla fine io ho imparato 3 parole di turco ma loro una vagonata di roba tecnica da far paura.

E poi il fascino del vivere una realtà completamente diversa e non da turisti. Il fascino di un paese davvero multietnico, con mille contrasti e dotato di una vitalità enorme, con una gran voglia di uscire dal cantuccio in cui si trova, senza però perdere l'anima strada facendo. Tutto questo in un buco di città fuori dalle rotte turistiche. 
Poi prendi un altro aereo e fai quei 1350 km che ti separano da Istanbul e cadi in un sogno. Ti perdi tra 15milioni di persone che risiedono in quell'area, fiumi umani compositi, che scorrono riempiendo ogni angolo di un posto che è così bello che mi è piaciuto come mi piace Roma. Cammini per 12 ore visitando luoghi storici e perdendoti per le strade, entri nel bazar e finisci nella bottega di un genio del vestire, un signore gentile che visto che tu e la tua amica non potete permettervi le sue meravigliose creazioni, ve le fa provare tutte, anzi si mette lì e vi veste come dice lui, trasformando te e l'amica da stanche turiste in principesse orientali. Annusi l'aria, la gente, nutri l'anima di una valanga di impressioni che per digerirle ti ci vorrà un mese. Dal vento che percorre incessantemente le strade di Istanbul, alle chiacchiere a gesti con i vicini di tavolo al caffé, tutto sembra fatto per dirti: ricordati che c'è sempre una ragione per sorridere la mattina, anche se a volte sembra improbabile.

domenica 18 luglio 2010

Eh oplà si riparte

E l'ho chiusa! La valigia intendo, finalmente ho stipato tutto il necessario in una valigia piccola, da imbarcare comunque che se no manco il balsamo per i capelli ti puoi portare. Di nuovo un aereo,  anzi due, di nuovo per lavoro, stavolta mi sa che però mi diverto... dove vado? eeeeheee mica ve lo dico adesso, vi tocca aspettare la prossima puntata.

domenica 11 luglio 2010

Gorgonzola al mascarpone


La farlocca qui presente ha un problema che le complica, costantemente, la già complicata vita, è un problema alimentare, nulla di mortale ma molto molto fastidioso. La farlocca è intollerante, molto seriamente, al lattosio. In realtà scoprire questo è stato per lei un evento risolutore, mille mali che l'affliggevano da tempo immemorabile, scomparvero come per incanto in conseguenza della semplice eliminazione del lattosio, in ogni sua forma ed accezione, dalla sua dieta. Quindi la farlocca giubilò estasiata. Solo un rimpianto, un dolore al centro l'anima, l'accompagnava: il distacco dal gorgonzola al mascarpone. 
Ebbene sì quell'alimento tra il piccante e il dolce, grasso da intasare le coronarie al primo morso, sublime nello sciogliersi sul palato, quello era l'unico vero distacco che le è sempre pesato. Il gelato si mangia di soia o di frutta, lo yogurt chissenefrega, la panna pace, non è essenziale, la besciamelle te la fai a casa con il latte a ridotto contenuto di lattosio o con il brodo. Tutto si sostituisce, di tutto si può fare a meno. Solo lui, l'estremo oggetto d'amore, è insostituibile e sempre sarà tale.

Ora, direte voi, a noi cosa ce ne dovrebbe fregare di questa tua perversione alimentare frustrata? Un attimo che vengo al punto.
Da un po' di tempo (parecchio) costruisco categorizzazioni degli eventi della mia vita, gioco a raggruppare, a trovare pattern comuni nei rapporti che intrattengo, cerco stralci di razionalità nell'irrazionale universo del sentimento. Ultimamente ho una categoria di relazioni umane che in altre epoche era sempre vuota, che si sta riempiendo sempre più. L'ho chiamata la classe del gorgonzola al mascarpone. Il nome deriva da un'analogia ovvia a questo punto del mio scrivere e della vostra lettura, in questa classe vanno a finire, per tempi più o meno lunghi, quei rapporti con persone amatissime, la cui compagnia è desiderata ardentemente e la cui vicinanza è spesso fonte di immensa gioia, che hanno un però che le contraddistingue. Alla lunga per me sono tossiche (e magari io per loro). Sono quelle persone che ami tuo malgrado, quelli che ami nonostante tutto, ma che ad un certo punto capisci che, se non cambiano modalità (non sostanza solo modalità) finiranno con il farti la pelle. Senza volerlo, amandoti anche loro ti faranno fuori. Sono, ad esempio, quelli che non sanno controllare la diarrea verbale quando stanno male e senza chiederti come stai (magari tu ti reggi in piedi per miracolo) ti investono costantemente con un mare di negatività e di orrori. Tu saresti ben felice di dar loro una mano, allora provi a dire la tua ed automaticamente diventi oggetto d'ira, perché "non capisci...". Quello che vogliono è un contenitore per l'ansia e basta. Neppure il pat pat sulla spalla è ammesso, devi star lì zitta e se dici una cosa qualsiasi, partono di sberla perché non sono in grado di ascoltare, stanno troppo male e cercano solo un parafulmini. Poi ci sono quelli che vanno sulle montagne russe che tu sembri una dilettante. Un giorno sei l'oggetto di ogni amore, il giorno dopo sei il nemico numero uno, il tutto senza una parola di spiegazione. Anche lì c'è un malessere grande, uno squilibrio profondo, che tu potresti accogliere se solo venisse esplicitato. Potresti anche accettare di svolgere il ruolo del nemico numero uno, se solo ti avvisassero. Ma parte del dolore che queste persone vivono è proprio l'impossibilità di comunicare. Non ce la fanno proprio. Altri ancora sviluppano stati di violenza repressa feroce, che esplode in modalità le più diverse, dal cacciarti via malamente quando hai bisogno di accoglienza al prendersela con te, di nuovo, senza spiegartene le ragioni. 
Non sono tante le persone nella catgoria del gorgonzola al mascarpone, ma sono, adesso, un numero maggiore di zero. Un tempo non era così, riuscivo ad accogliere tutti e tutto, a mettere sottovuoto il dolore che i malesseri altrui mi provocavano. Adesso non ce la faccio più. semplicemente Non posso smettere di amarle queste persone, non smetterò mai, ma finché non riusciranno a vedere anche me nel loro rapporto con la vita, io ne faccio a meno, gli giro intorno, ogni tanto ne prendo una punta di cucchiaino, per vedere che succede, se va meglio, se oggi si accorgono di me, se stanno bene abbastanza da non farmi male, un po' come per il gorgonzola al mascarpone, che suo malgrado, mi avvelena.

sabato 3 luglio 2010

Compleanni, bilanci e macerie varie

L'insonnia da jet lag e caciara esistenziale imperversa. Dunque rieccomi a produrre esorcismi, pseudo-racconti e quant'altro di inutile con le parole si possa fare per decorare un blog blu come la notte, un blog in cui, pure se fosse giorno, mica ci si vedrebbe un granché.

Quest'anno invece di essere in giro, il giorno del compleanno sono tornata a Roma. Sono scesa dall'aereo proprio quel giorno lì. Si sa che i compleanni sono spesso giornatacce, sopratutto in periodi di transizione, in fasi della vita in cui nulla di rassicurante è presente e ancor meno probabile. Questo compleanno è stato un qualcosa di non facile da descrivere. Da un lato la stanchezza di 20 ore di viaggio che, accoppiata al senso di preoccupazione che associavo ai giorni che dovevano arrivare, mi dava un senso di sfinimento cosmico che si è esplicato in molte lacrime e innumerevoli lavatrici. Dall'altra la bellezza, la tenerezza dei gesti di chi mi ha accolto. La famiglia farlocchissima al gran completo e quei pochi amici che ho a Roma, mi hanno fatto una festa serale, in terrazza, con i nipoti che imperversavano, una partita mundial (che non ho visto), cibo buono e molto affetto. Io completamente intronata che dicevo cose sceme, cercavo di non pensare a cosa mi aspettava e mi aggrappavo a speranze varie.
Poi sono arrivati i giorni successivi.

Non sto a dar dettagli, diciamo che mi sento come se fossi seduta in una casa completamente vuota, è rimasto solo uno scatolone con le poche cose che mi appartengono davvero. Sono pochissime, sono solo le cose fondamentali. Siedo su quello scatolone e guardo fuori da una finestra. Là ci sono i progetti che avevo, sono andati a fondo con il Titanic di cui parlai una volta. C'è poi qualcuno, che mi è molto caro, e che mi ha accolto con un muro di terribile silenzio ostile, un silenzio come un pugno in faccia, un pugno al centro dell'anima, inatteso e senza spiegazioni, un silenzio che nega.


Posso solo dirmi che da tutto questo vuoto, dal dolore, dallo stupore che provo mentre mi guardo intorno, da tutto questo non potrà che nascere qualcosa di straordinario, qualcosa che non posso neppure immaginare, perché davvero non è rimasto più nulla di quel futuro che avevo immaginato.

giovedì 1 luglio 2010

Quando l'Italia ti sembra la Svezia


Daje e daje ho dovuto aspettare di essere a Roma per avere una buona connessione e il tempo e la testa per raccontare qualcosa. Non la farò lunga, prometto, anche perché è un'ora indecente della notte ed è giusto il jet lag che mi tiene qui davanti al computer.
Orbene, sono andata in Venezuela, mi ci hanno invitato per lavoro e poi mi son regalata, insieme al mio amico e collega, detto il Conte, ben due giorni e mezzo di vacanza. Questo in breve il riassunto della vicenda. Veniamo ora ad un minimo di elaborazione della medesima.
Il Venezuela è un paese di merda. Vediamo da dove viene codesta affermazione. Premesso che di paesi del terzo mondo ne ho visti diversi, un posto come quello in cui sono stata non lo avevo mai visto. Passino le attese baracche, marchio noto del sottomondo, passi l'inquinamento (se non hai da mangiare te ne frega un tubo dell'ambiente), passi il vivere blindati perché-avete-delle-facce-da-turisti, passi pure il casino e l'inefficienza, ma proprio proprio la propaganda pro-Chavez in ogni dove, ecco quella io non la sono riuscita a digerire.
Come si fa a dire alla gente che tutto va bene e che è in atto la gran revolucion venezolana quando c'hai 20000 e rotti omicidi l'anno su 24milioni di abitanti? Cosa cazzo chiami revolucion? le ville dei tuoi accanto alle baracche dei più? i rapimenti quotidiani e di poche ore dei figli della media borghesia a cui chiedono un paio di mille dollari per rimettergleli sotto casa (se va bene)? i comprensori degli appena-benestanti circondati di filo spinato e guardie armate? le scuole inesistenti e le università alla fame?
La gente che ho avuto il privilegio di incontrare è splendida, un po' meno diversi italiani che vivono e prosperano in loco, tirando coca e fregature a tutti meno i parenti stretti. Ho visto il paradiso terrestre, con accanto un cementificio, flora e fauna spettacolari, persone che si ammazzano di fatica con enorme dignità, per ottenere pochissimo, ma senza smettere di sperare. Ho conosciuto un uomo, giovane, intelligente, non particolarmente istruito, vende macchine usate e nuove, mi ha dato la miglior lettura di ciò che vedevo: "vede signora, la rivoluzione socialista, quella l'ha fatta Castro, dopo due giorni ha mandato tutti a scuola. Quella è la rivoluzione. Qui ti danno la borsa di studio, poi nessuno controlla se a scuola ci vai e non controlla nemmeno se c'è la scuola".
All'aeroporto, tappezzato di mega schermi al plasma (tutti gli aeroporti sono così anche quelli piccoli) che trasmettevano Chavez inframmezzato dai vari Mario Merola locali, (el orgullo nacional!!!) continuavo a chiedermi quanto noi, qui, ci avremmo messo a diventare così. Intanto però non vedevo l'ora di tornare, perchè anche l'Italia, vista da lì, sembra la Svezia.