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domenica 10 aprile 2011

Dei libri e del loro lancio

Oggi un mio amico presentava il suo libro all'Auditorium di Roma, é un amico di tutta una vita, secondo me scrive benissimo e quindi ve ne consiglio la lettura, il libro è  La pazzia di Dio di Luigi De Pascalis. Non vi consiglio invece le presentazioni dei libri in generale, quelle fanno  venire l'orticaria. Be' non sempre, di libri Luigi ne ha scritti vari e li ha anche presentati, molto molto bene, con momenti esilaranti, con la tenerezza che lo caratterizza nel parlare dei suoi personaggi, che lo chiamano a scrivere, ognuno al momento opportuno; sa raccontare, senza retorica, come nasce una storia di quelle che racconta. Insomma lui li sa presentare i suoi lavori. Il problema nasce dalla natura stessa della presentazione, è questo un momento altamente commerciale, necessita di visibilità e quindi richiede  il vip o semi-vip della moderna cultura che presenzia ed interviene. E qui cominciano le disgrazie.  Un momento, non cominci la sempre presente voce dal fondo a dire che sono la solita snob, che volevo quello/a con 6 lauree e 3 dottorati per la presentazione. No, per me poteva esserci anche il Piotta (d'antica memoria) o Biscardi a fare il vip, andava bene, anzi meglio forse, perché il libro non lo avrebbero mai letto prima di venire e magari mi facevano ridere. Un momento che finisco di dire. Mi serve ancora tempo.  Per giustificare questa mia affermazione ho bisogno di una breve digressione sul concetto di lettore di libro.

I lettori di libri possono essere di tanti tipi, ci sono quelli innamorati delle parole che se trovano anche un libro di cucina ben scritto se lo bevono dalla prima all'ultima sillaba; quelli innamorati della carta stampata in quanto tale, con relativa venerazione feticista dell'oggetto; quelli superficiali, leggono il risvolto di copertina, il primo e l'ultimo capitolo e stanno bene così, come ci sono quelli che un libro, qualunque esso sia, anche se fa schifo, lo devono finire per forza; quelli che leggono l'introduzione e la postfazione prima di cominciare il testo vero e proprio, quelli che invece le leggono solo dopo, quelli che i libri li leggono solo per prender sonno e  quelli innamorati delle storie che vengono narrate che, se la storia li prende, non dormono fino alla fine della medesima. Ovviamente esistono poi tutte le possibili mescolanze di queste categorie (non ho alcuna pretesa di esaustività nella mia lista sia chiaro). Io appartengo in larghissima misura all'ultima categoria, amo le storie che mi si raccontano tra le pagine di un libro, se la storia è pallosa, per quanto ben scritta, raramente arrivo alla fine. Debbo inoltre ammettere che i libri di Luigi hanno per me una caratteristica speciale, li comincio a leggere e sento un profumo di legna di camino o di sera d'estate, ogni volta è come se mi sedessi accanto a lui e mi faccessi raccontare una storia. Me la godo come se sentissi la sua voce narrante che mi porta a spasso tra realtà e fantasia,  come se avessi 5 anni e il mondo fosse un luogo di cui non so quasi nulla.

Quindi immaginate l'atteggiamento della Farlocca in sede di presentazione, sta lì assaporando anticipatamente anedotti e chiacchiere sui personaggi, pregustando un possibile profumo di camino che magari può scaturire tra una frase dotta e uno sfoggio vippesco,  insomma è lì che regredisce ai 5 anni su citati, quasi si acciambella con il dito in bocca... e allora comincia a parlare il semi-vip di turno... e le racconta la storia del libro, i perché e i per come, anche quasi il come-va-a-finire. Mentre le esce fumo nero dalle orecchie, le si attorcigliano le budella e sta per mettere mano al primo oggetto che ha accanto (il libro firmato), si rammenta  dell'antica amicizia che la lega all'autore evitando così il lancio-di-copia-autografata-in-testa-a-semi-vip. 
Queste sono le disgrazie di cui sopra, un/a fetente che per far vedere che ha fatto i compiti, che è dotto/a, ti riporta al mondo reale quando sei pronto a fare un salto nella fantasia... secondo me dovrebbe essere reato punibile almeno con ammenda pecuniaria.
 Mentre tornavo a casa bofonchiando e ribollendo come una pentola di brodo, mi sono però ricordata di un aspetto della mia vita che in questo periodo mi affligge: mi dimentico le cose, sono quasi preoccupante nella mia smemoratezza. Ora però questo fatto mi torna utilissimo: tra un paio di giorni non mi ricorderò più niente della storia malamente narrata dal semi-vip. Potrò aprire il libro, sedermi vicino al camino e farmi raccontare, dalle parole di Luigi, tutta la storia, godendomela, fino alla fine proprio come se avessi ancora 5 anni.


lunedì 19 aprile 2010

Quando bisogna decidere


Ultimamente passo così tanto tempo a lavorare che mi sembra la vita contenga solo lavoro. Certo amo quel che faccio, per me è il lavoro più bello del mondo, ma non tutto quel che c'è da fare è parte di questa bellezza. Il lato creativo, tecnico, immaginifico, è la bellezza, quasi tutto il resto è pura rottura di palle. Sappiamo tutti che siamo in un periodo di crisi, che le cose stanno cambiando a rotta di collo, che la sopravvivenza di ciò che era scontato fino all'altro ieri non è più garantita. In questa immensa incertezza che ci avvolge io sono tra quelli che sono abbastanza contenti, non perché approvi le scelte di governo o la situazione in sé, è solo che credo-spero sempre che avesse ragione Mao Tse Tung quando diceva Grande è la confusione sotto il cielo. La situazione è eccellente. Nel gran casino si apre la possibilità per il cambiamento. La rivoluzione, il ritorno della fenice, son tutte cose che nascono dal caos o da ciò che è percepito come tale. Insomma mi faccio prendere da un bell'attacco di ottimismo in mezzo alla caciara. E' pur vero che per trasformare il citato caos in nuovo ordine occorrono immense energie, sopratutto qui da noi. Infatti viviamo in un sistema ad altissima inerzia. Ad esempio, avete fatto caso al fatto che in questo paese, in qualunque realtà ci si trovi, quando c'è da decidere qualcosa si mette su una commissione? Esistono commissioni per qualsiasi cosa, incluso il cambio della carta igienica al cesso. Ora un piccolo gruppo di persone può effettivamente dare un buon contributo ai processi decisionali, la discussione avviene tra pochi anziché tra orde barbariche disordinate, magari si riesce davvero a condurre un'analisi delle situazioni e a capirne vantaggi e svantaggi, è possibile che nell'ambito ristretto il livello di conflittualità sia più basso che in situazioni più ampie. Tutto questo in teoria. In realtà le commissioni sono spesso un modo per fare melina, per prendere tempo e dato che siamo qui e non a Copenhagen, diventano luoghi di scontro feroce dove ci si mena in 3-4 anziché in 25.
Orbene, al momento mi hanno infilato abbastanza a forza in un paio di commissioni, hai voglia a dire "ma lasciatemi perdere, io sono un tecnico, ma fatemi fare quel che so fare..." etc etc, dato che di solito ti hanno visto non prendere per la gola la gente, condurre analisi piuttosto oggettive e dato che son pure convinti tu sappia cose che altri non sanno (cfr. qui), ti mettono dove non vorresti stare: la commissione somme rotture di palle.
La compagnia è interessante, abbiamo una selezione dei tipi umani migliori, la brava persona che però è affetta da pessimismo cosmico, per cui tutto-andrà-malissimo-lo-so e questo qualunque cosa si dica o faccia, l'indeciso pavido, tipologia assai diffusa, una di quelle persone che hanno paura anche ad attraversare la strada da sole, che ha dubbi amletici sul colore dei calzini la mattina e che su di essi pontifica con piglio sicuro, il dirigente che di codesta congrega avrebbe fatto volentieri a meno, ci si trova in mezzo solo perché se no gli triturano le palle a tal punto che non riuscirebbe più nemmeno ad andare a far pipì, ti ha anche detto che uno dei tuoi compiti è evitare che metta mano al coltello a serramanico, tu devi dargli un calcio, fare dei segni, bloccarlo con presa judoistica nel caso ti renda conto che sta per trascendere, lui ha promesso di fare altrettanto con te se vede che il tuo colorito va sul fucsia e la giugulare si gonfia. Abbiamo poi la ciliegina sulla torta: il cretino figlio di buona donna, quello che ha capito tutto, un cavallo che qualche Caligola ha messo nel senato, un incompetente con l'ampiezza di visione di un topo miope e che ha pure la forfora.
Fino a ieri ero semplicemente sconfortata da questo fatto, poi ho fatto visita a London Alcatraz e ho trovato questo post e mi sono tirata su di morale. Grazie Yoss, grazie Rachel, ora finalmente so dove posso mandare tutta la commissione in vacanza.