giovedì 30 ottobre 2008

Stanchezza


Foto di Sandro B.

Oggi mi sento come quella statua. Senza testa, caduta a terra tra le rovine vere e false della civiltà antica. Mi piacerebbe stare sdraiata senza più pensare, tranquilla stringendo a me un velo, una copertina, pure di marmo, purché coprente, rassicurante. Riposarmi un pochino...
Non è che sia successo nulla, ho lavorato un po' troppo, ho fatto un po' molto sport, sono pure uscita a divertirmi (e si sa, dopo una certa età il fisico non regge lo "sgavazzo")... Però poi apro i giornali, esco e tutto diventa molto, molto faticoso. Approvano il decreto della Gelmini, si vendono l'acqua pubblica, vogliono gli sconti sul protocollo di Kyoto, se la prendono con gli immigrati, mentre spediscono il meglio dei nostri cervelli fuori dal paese. Il tutto dando del cretino a chi dissente, a chi chiede di documentarsi prima di agire, a chi chiede di studiare i problemi prima di andar giù di mazzetta da 5kg.
Ecco io di politica e di cosa pubblica sul mio blog non volevo parlare, ma oggi, mentre i cortei degli studenti passavano sotto le mie finestre, mi sono sentita solidale con loro ma anche infinitamente stanca.

martedì 28 ottobre 2008

Autunno ... piove


Foto di Sandro B.

Piove, l'acqua scivola dai tetti, rivoli dalle grondaie e Roma affoga. Città solubile in acqua. Il traffico impazzito rende difficile andare in qualsiasi luogo.
Piove e a Roma nessuno vorrebbe uscire. L'acqua batte sui vetri, isola, crea raccoglimento, allontana il rumore. Sono rari a Roma i momenti di quiete.
Piove, guardo le foto di Sandro, questa è un momento di vita che conosco. Perché piove, ed esco, intorno a me i gatti intirizziti trovano riparo sotto le arcate dei portici. E allora cammino, proprio perché piove. Tutto diventa lucido, le scale libere, la piazza svuotata di ogni presenza. Il vuoto del luogo è come un regalo per chi è qui.
Così rimango sotto l'acqua a godere, con ogni goccia che cade, la città finalmente mia.

La prima pioggia invernale -

ora mi chiamerò

"viandante".

(Basho)

sabato 25 ottobre 2008

Futuro



Passano gli anni, per fortuna si cambia. Non radicalmente, l'essenza di ciascuno rimane sostanzialmente identica, ma cambiano i punti di vista. Ribadisco, per fortuna. Ho trascorso la maggior parte della mia vita guardando verso il futuro, con un certo timore, con una discreta dose di paura. Il presente non mi piaceva tanto, il passato era pieno di buchi neri abbastanza spaventosi. Questo fino ad un certo punto. Poi qualcosa è cambiato, ho cominciato a pensare solo all'adesso, considerando il futuro solo quando dovevo prendere delle decisioni e valutarne le conseguenze. E' stato allora che ho cominciato a pensare a questa poesia di Hikmet come a qualcosa di verosimile:

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l'ho ancora detto.
(N. Hikmet)

mercoledì 22 ottobre 2008

Autunno


Foto di Sandro B.

E' autunno, persino a Roma comincia a far freddo la mattina, cominciano a cadere le foglie, anche nelle fotografie di Sandro. Guardo questa foto e comincio a sentirmi come quella foglia, appesa, appena trattenuta da una piega della corteccia. Sta per andarsene, lei, alla prossima folata di vento verrà presa e condotta chissà dove. Ora però si gode il sole che la investe in pieno, cosa sarà poi è irrilevante, cosa è stato prima è solo evocabile, non più vivibile. Se fossi quella foglia penserei:

Non sono niente.
Non sarò mai niente.
Non posso volere
d'essere niente.
A parte questo, ho in me
tutti i sogni del mondo...


(Fernando Pessoa)

domenica 19 ottobre 2008

Intelligente?



Foto di Sandro B.

Dopo essermi sfogata per bene nel post precedente, ora posso permettermi di prendere spunto. Così mi sono messa alla ricerca di cose intelligenti nate dai drammi femminili e non. Il problema che ho incontrato è definire cosa sia intelligente. In fondo, a seconda del momento, dello stato d'animo e di mille altri fattori troviamo intelligenti cose totalmente diverse.
La prima volta che lessi le poesie di Alda Merini, ad esempio, le trovai terribili, dolorose, farneticanti, non riuscii a vedere altro. In seguito, passato del tempo, le rilessi e vidi al loro interno ciò che non avevo colto alla prima lettura. Ci fu un cambiamento totale di percezione: mi sembrarono finestre meravigliose sull'anima umana, fiori di una pianta che cerca di curare la propria malattia attraverso le parole e molto altro ancora. Cosa era cambiato nella mia lettura? Avevo saputo chi era la poetessa, avevo letto qualcosa della sua storia, avevo acquisito informazioni sul contesto. E dunque ero in grado di leggere le sue parole senza sovrapporvi totalmente la mia "mappa" della realtà.

La mia poesia è alacre come il fuoco
trascorre tra le mie dita come un rosario
Non prego perché sono un poeta della sventura
che tace, a volte, le doglie di un parto dentro le ore,
sono il poeta che grida e che gioca con le sue grida,
sono il poeta che canta e non trova parole,
sono la paglia arida sopra cui batte il suono,
sono la ninnanànna che fa piangere i figli,
sono la vanagloria che si lascia cadere,
il manto di metallo di una lunga preghiera
del passato cordoglio che non vede la luce.

(Alda Merini, da "La volpe e il sipario")

venerdì 17 ottobre 2008

Vita da blogger


Fantastico! Ho ricevuto il mio primo commento in “disaccordo vivace” con quanto da me scritto. Lo attendevo, lo agognavo quasi. Già perché un commento acido o in disaccordo vuol dire che magari non sono proprio solo ed esclusivamente amici e parenti quelli che ti leggono. Sì perché almeno i miei di amici e parenti, se un mio post gli fa schifo me lo dicono direttamente o per email. La cosa fastidiosa però c’è, infatti mi lasciano un bel commentone di disprezzo anonimo, senza firma, senza nulla che permetta una replica. Mannaggia e adesso come faccio? VOGLIO REPLICARE!!! Come faccio a dire almeno tre quattro cose acide tanto per rimettermi in parità? Non posso… FRUSTRAZIONE, FRUSTRAZIONE (sto battendo i piedi per terra e mi strappo i capelli). La verità è che sono una “pivella” come blogger, non ho ancora capito che sul MIO blog faccio COME MI PARE (ci vuole maus per ricordarmelo). E allora ci faccio un post (pure se l'autore/autrice del commento non tornerà mai a leggere il mio blog, almeno mi sfogo!).

Il commento riguarda uno dei miei primi post, di natura fortemente (ed esclusivamente) terapeutica per la sottoscritta, ecco cosa mi si dice:

I DRAMMI FEMMINILI SONO TUTTI IDENTICI, RIPETITIVI, PANPSICHISTICI, FALSAMENTE LIBERATORI, INSOMMA COPIONI TELEVISIVI E FILMICI. POSSIBILE CHE DAL DOLORE NON SI POSA RICAVARE NIENTE DI PIU' INTELLIGENTE?

A parte gli errori di ortografia (giuro non ho toccato neanche una virgola, era tutto in maiuscolo etc.), mi sorgono varie domande e relative riflessioni:
  1. Ti si è incastrato il caps-lock oppure stai urlando? Purtroppo sono ancora insicura con il linguaggio da blog e magari interpreto male. Sai a me da fastidio chi viene a casa mia e alza la voce o fa pipì sul tappeto. Assumo che non ti si è incastrato il caps-lock....
  2. Perché mi comunichi ciò in forma anonima? In forma anonima avrei comunicato cose tipo: “non lo sai che il tuo ex ha sposato la pischella” oppure “il tuo amministratore di condominio si spende le quote a mignotte”… roba così.
  3. Cosa è più intelligente di una scrittura terapeutica? Liberatoria per me magari, non per te, ma per me sì. Scrivo il mio bel post catartico e così nel giro di altri tre quattro post mi libero, io mi libero sottolineo.
  4. Che ti hanno fatto di male i copioni televisivi e filmici? Il loro palese intento catartico potrà essere palloso, ma non particolarmente dannoso, certo se sono pure recitati/scritti male fanno venire l’orticaria, ma ci si salva facilmente, basta spegnere la tv o uscire dal cinema, o smettere di leggere il blog.
  5. Ma vuoi vedere che sei un uomo?! Magari sei scappato anche tu con una pischella “molto speciale” mollando la di mezza-età-compagna che però, invece di scrivere un bel post da film e poi fregarsene della tua esistenza nel giro di pochi mesi, ti ha fatto la guerra con l’avvocato… e ora povero in canna sei rimasto pure senza pischellaach.. non era vero amore eh?

mercoledì 15 ottobre 2008

La palla

Foto di Sandro B.

Le foto (tutte quelle che mi ha voluto mostrare) del mio amico Sandro B. mi evocano sempre qualcosa, qualcosa di poetico, di letterario. Un qualcosa, delle storie ad esempio, che io leggo (magari fraintendendo totalmente l’intenzione dell’autore) tra le luci e le ombre dei suoi scatti in bianco e nero.
Oggi ce l’ho con questa sua palla, con la geometria precisa della sfera che copre/svela l’angolo dell’edificio sullo sfondo, con tutto questo bianco travertino che sembra prendersi gioco di noi che lo guardiamo cercando di inserirlo in un contesto colorato usando la memoria.
Più guardo quella palla e più penso che da quel buco, nero nel bianco, tra un attimo, debba uscire la testa di un omino piccolo, molto piccolo che, comincerà a declamare:


Senza riguardo, senza pudore né pietà,
m'han fabbricato intorno erte, solide mura.

E ora mi dispero, inerte, qua.
Altro non penso: tutto mi rode questa dura sorte.

Avevo da fare tante cose là fuori.
Ma quando fabbricavano fui così assente!

Non ho sentito mai né voci né rumori.
M'hanno escluso dal mondo inavvertitamente.

(Mura, C. Kavafis)

giovedì 9 ottobre 2008

Mare


Camminare sul bagnasciuga, sentire la sabbia sotto le scarpe, fa freddo e c'è vento. La tempesta aleggia ancora, forse ricomincia a piovere. Cammino su questa spiaggia pensando e ricordando.
Qui ho camminato con mia madre, ho passato in estate e in inverno lunghe ore con lei a non far nulla, spesso in silenzio, molto spesso a ridere e a parlare della vita e di ciò che la rende vivibile.
Mia madre diceva di essere nata in una commedia e una volta, mentre io adolescente piangevo su non so più quale tragedia adolescenziale, mi disse evidenziando l'assurdo nella mia situazione, "Vedi io sono nata in una commedia e tu sei figlia mia". Questa frase è stata l'eredità più importante che mi abbia lasciato. Era vero che lei era nata in una commedia, era vero perchè sempre e comunque ad un certo punto si distaccava da quanto stava accadendo e ne vedeva il ridicolo, l'aspetto umoristico, il paradosso. E così, magari soffiandosi il naso sul dispiacere corrente, le veniva da ridire.
Come ogni essere umano, poi, aveva la sua bella vagonata di difetti, non la farei santa manco tra due secoli. Però era una delle persone più divertenti, generose e accoglienti che abbia mai conosciuto. Accoglieva tutti, dal gattino bagnato, al disgraziato nei guai di turno, li curava, li rimetteva in piedi e poi li collocava altrove, perchè alla fin fine a lei piaceva molto stare per i fatti suoi. Per le donne della sua generazione non era cosa ovvia l'indipendenza. Anche se te la potevi permettere da un punto di vista economico vivevi continuamente un contrasto tra l'immagine femminile fornita dalla cultura dominante e il tuo sentire. Mia madre non era una donna razionale, era puro istinto, quindi ha sempre vissuto seguendo il suo sentire e pagandone il prezzo: la solitudine. O meglio nessuna amicizia se non con persone molto più giovani di lei e per forza di cose molto distanti da lei. Una solitudine dell'anima più che materiale. Mi ci è voluto molto a capire questo suo tratto, per noi, per la mia generazione e le successive, essere indipendenti, autosufficienti e quindi libere, è un valore. Quindi non capivo bene la sua passione per i luoghi isolati, per il mare meglio se d'inverno, mi spaventava saperla sola lontana da tutto e da tutti. Poi ho capito, così oggi cammino sulla sabbia la ricordo, la ripenso in questo luogo dove lei prese una casa isolata da tutto, questo luogo che scelse per celebrare la sua solitudine e la sua pace. Se ne andò sette anni fa, in agosto, all'improvviso, andò via come era vissuta: a modo suo.

Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare
mi porto un po’ della tua ghiaia
un po’ della tua luce
e della tua infelicità.
Ci hai saputo dir molte cose
sul tuo destino di mare
eccoci con un po’ più di speranza
eccoci con un po’ più di saggezza
e ce ne andiamo come siamo venuti,
arrivederci fratello mare.

(Fratello mare di Nazim Hikmet)

venerdì 3 ottobre 2008

Camminando


foto di Sandro B.
A me piace camminare. Perdermi per le strade di una città, vagare senza meta oppure definire percorsi sia cittadini che non, masticare chilometri con le scarpe, annusando, guardando, ascoltando i luoghi e le situazioni che incontro.
Cammino da sola o in compagnia, vanno bene entrambe le situazioni. Da sola cammino sopratutto in città, in ambienti naturali non ho mai sviluppato un gran senso di orientamento e quindi preferisco andare in compagnia di chi non si perde. In città non mi perdo mai, quindi vado.
Camminare mi serve sopratutto per due scopi: puro piacere e smettere di dare i numeri (quando li sto dando). Nel secondo caso sono stata capace di camminare anche per 6-8 ore senza quasi mai fermarmi, specialmente se il dare i numeri era legato a dolori dell'anima. Tant'è che nel passato inverno ho percorso, in solitudine, un numero spropositato di chilometri. Il movimento lenisce l'anima, impone il ritorno al corpo e quindi al reale, ferma la mente che va per fatti suoi, la porta a concentrarsi sui piedi, sulle gambe, sulla strada e quindi ad abbandonare i deserti o i mari in tempesta che a volte la fagocitano. Dopo un po' la stanchezza prevale e finalmente si fa silenzio.
Nel camminare è poi possibile una dimensione di attenzione a ciò che ci circonda che normalmente non abbiamo, la macchina, la moto portano ad un non-vedere, ad un'attenzione priva di particolari tesa solo ad evitare di finire arrotati/investiti/travolti da altre macchine/moto. Così, ogni tanto, è nutriente guardarsi intorno, con calma. E non solo guardare, ma anche annusare, ascoltare, sentire con il resto del corpo l'ambiente circostante. Il nutrimento di cui parlo lo rappresentano bene il racconto Passi* di A volte penso che, la foto e la poesia che ho associato a questo post. Attimi, frammenti che evocano in ciascuno giochi di luce che improvvisamente rendono la vita non banale, anche se, a pensarci bene, non è successo proprio niente.

Il fiorire dell'incontro casuale
di coloro che resteranno sempre estranei...

L'unico sguardo indifferente ricevuto per caso
dalla straniera frettolosa...

Le parole episodiche scambiate
con il viaggiatore episodico
durante l'episodico viaggio...

Grande pena che tutte le cose non siano che frammenti...
Cammino senza fine...

(Fernando Pessoa, Poesie di Alvaro de Campos, 30 aprile 1926)
*se vi interessa cercate il Messaggio N°407 e continuate a leggere