
E' mattina, un cielo azzurro limpido e pulito, accoglie i mie occhi appena aperti. E' sabato, nessun impegno davanti, o meglio dovrei lavorare ad un paio di cose ma sono talmente stanca che rischio di fare solo idiozie. Quindi apro mentalmente l'agenda e la richiudo buttandola nell'ultimo cassetto del cervello. "Oggi cazzeggio" formulo il pensiero con chiarezza e lo stampiglio sulla giornata. Decido di muovermi a piedi, niente scooter, ritmi rallentati. Ad un certo punto della mattinata sento A.. Anche lei è a piedi, suo figlio ha avuto uno spaventoso incidente da cui è uscito completamente illeso, lui, l'unica macchina di casa invece è da buttare:
A.: Sì, io devo fare alcune cose, tra cui andare fuori città per parlare con uno della macchina incidentata. Mi prestano una macchina.
F.: Vengo con te se vuoi, ho deciso che oggi cazzeggio.
A.: Perfetto! Allora raggiungimi al mercato vicino casa mia, così ci diamo alle bancarelle e poi andiamo.
F.: Arrivo.
Miracolosamente dal centro alla periferia est di Roma ci metto neanche mezz'ora. Ci immergiamo in un mare di colori, fiori, frutta, verdura, vestiti, l'orgia colorata dei mercatini romani del sabato ci inghiotte. Si chiacchiera, sdrammatizziamo l'incidente di suo figlio elogiando gli angeli custodi, ci immaginiamo vestite con gli abitini da 5 euro che solo le ragazzine di periferia hanno il coraggio di mettere e saltelliamo di palo in frasca fino all'ora di pranzo. Il pomeriggio inizia con il recupero della macchina in prestito, è il fratello di A. a darcela tra mille raccomandazioni e richieste "Mettetevi le cinture, andate piano, la macchina è nuova, non fumate in macchina!! sopratutto non fumate in macchina" Lui è più grande di A. di poco, ma si mette il cappello del fratello grande e protettivo ogni volta che l'ho visto. Annuiamo compite, rassicuriamo, promettiamo rispetto delle regole e appena girato l'angolo accendiamo una sigaretta a testa (finestrini rigorosamente aperti). Si parte. Dobbiamo raggiungere un paesino al nord di Roma, là si trova F. un amico di A. e del suo capo. Lei me lo racconta come un uomo d'oro, una persona speciale, un vero amico per entrambi con qualche pecca, ovvio, come tutti... "però ecco vedi... insomma... è un bandito" alzo il sopracciglio e chiedo chiarimenti "Sì insomma... uno un po' zingaro di quelli a cui chiedi una cosa qualsiasi, chessò un motore di BMW... e lui il giorno dopo ti fa un regalo... un bel motore di BMW... ecco uno così" annuisco "Un coatto vecchia scuola" dico "Esatto" risponde A.. Ora io da sempre ho una passione per i coatti romani vecchio stile, mi ci trovo bene, a piccole dosi ovviamente, ma di solito sono molto cavallereschi, corteggianti e, se non sono scemi, fanno battute spettacolari, quindi la prospettiva mi alletta.
Prendiamo il Raccordo anulare con tutto il traffico del sabato, un pezzo di autostrada, usciamo e, come da copione, ci perdiamo. Perché Farlocca e l'amica di Farlocca se vanno da qualche parte con una macchina in prestito mica si portano una cartina, o le indicazioni stradali, sia mai! Ci sarà la cartina in macchina ovvio no? Quindi si va e basta per scoprire che la cartina non c'è. Essendo l'epoca dei cellulari si chiama il bandito che non risponde, si chiama Lello amico del bandito, che non risponde, si parla con due signore a spasso per la campagna romana che fanno un simposio su quale sia la strada migliore per poi darci indicazioni sbagliate, si arriva ad un bar e si prende un caffè per finalmente ricevere le corrette informazioni. Arriviamo.
Davanti ai nostri occhi si apre il regno del bandito, un autolavaggio che sembra un campo nomadi, fra baracchette, chiosco, lavoranti di ogni etnia terrestre e cani spelacchiati e non. Entriamo, parcheggiamo ed A. scende. E' come se fossimo arrivate sulla croisette di Canne, il bandito la vede e si precipita, intanto spedisce il lavorante più vicino a "da 'na botta alla machina" e sopratutto sorride. E' un uomo non giovane, di un'età indefinibile tra i 50 e i 60 anni ben portati, ha la catena d'oro di prammatica ma anche un torchon piccolo, di corallo (bellissimo) intorno al collo. Gli occhi sottili, pochi capelli e un sorriso largo che gli illumina la faccia come un riflettore. Si muove con andatura rilassata, i movimenti di chi ormai nella vita si muove a suo agio, ha anche un tatuaggio su di una dito, la sua iniziale, il tatuaggio sa di mala romana. Accoglie A. come fosse una regina ed essendo io in compagnia della regina ricevo subito un'attenzione speciale. Come ogni coatto che si rispetti anche F. è sensibile, molto sensibile, al fascino femminile, sopratutto se sa di "buona famiglia" e noi di quello sappiamo. Così ci si offre un te' freddo al chiosco senza mai staccare gli occhi dalle scollature, la mia in particolare essendo nuova ai suoi occhi, ci si offrono sigarette, battute e sguardi intensi. Ci sediamo fuori ad un tavolino del chiosco in attesa di Lello amico del bandito, sarà lui ad occuparsi della macchina di A. che è da recuperare al deposito giudiziario e poi o da buttare o da riparare, sarà Lello a formulare il verdetto essendo carrozziere. Mentre sediamo là in amene chiacchiere "che ce devi da fa ca' a machina?" "Non so se vale la pena ripararla" "mbe' c'ha l'anni suoi... me sa che è mejo si a butti e te ne fai una a rate, comunque nun te preoccupà che ce pensa Lello, è 'n fratello... oh Lello è uno pulito, ma pulito pulito... " arriva un personaggio fondamentale del luogo: Zi' Giovanni, cavallaro ultra settantenne, con una pancia da autentico bevitore-mangiatore, due occhi talmente iniettati di sangue da non sapere che colore hanno, ubriaco perso ed immediatamente colpito d'amore per le signore amiche di F. Così "Si nun ve do fastidio m'accomodo" dice prendendo una sedia e mettendosi al nostro tavolo. Il bandito sorride come un ragazzino "Vieni Zi' che tanto nun ce dai fastidio, dicce dicce" e ridacchia. Il cavallaro si accomoda, "che ce fai co ste du belle signore? si posso chiede?" biascica a fatica agitando le mani. "nun te 'mpiccia, Zi' so amiche mie" ride F. noi compitamente diamo il ben venuto. F. si alza e va a cercare Lello, io ed A. restiamo al tavolo con Zi' Giovanni che attacca a narrare, il filo logico del discorso è di difficile reperimento, ma veniamo a sapere che lui abita in paradiso, tra i cavalli, là vicino "e si volete me venite a trovà" che aveva un maneggio, ma il maneggio non conviene che "nisuno pagava". Mentre prosegue la narrazione con l'attenzione di Zi' Giovanni su di me, arriva Lello e A. gli va incontro. Resto così mezza intrappolata al tavolino con Zi' Giovanni che narra, con modalità da sbronza apocalittica, le sue avventure con un "rottevailer, 'na belva, che io mica je menavo ar cane, io sdraiavo ar padrone li-mortacci-sua, che poi me fa ... tu a me li morti nun me lidichi... e se fa brutto e io allora... " sto lì e mi godo il momento di puro neo-realismo-extra-urbano. Però Zi' Giovanni sta cominciando ad accalorarsi e tende ad avvicinarsi per meglio chiarire i concetti con effetto superciuk abbastanza devastante. Intorno è un via vai di signori e signore con macchine di vario livello, coatti con auto improbabili rabberciate con pezzi da sfascio stuccati, sgommate improvvise, risate esplosive, forse un po' tossiche. La mia osservazione del genere umano presente viene interrotta (per fortuna) dalla richiesta di consulenza di A.. Sta poco più in là, a discutere con Lello su cosa sia meglio per la macchina, concludendo che va rottamata. Intanto il bandito gioca con il bambino di Lello, un bambino bellissimo con due occhi blue mare incantevoli, mentre la madre del bambino sorveglia a distanza. Il piccolo è nato sordo, ma ora grazie ad un impianto comincia a sentire, ha una vitalità e una socievolezza straordinarie. E' evidente l'amore che questi adulti hanno per il bambino. Zi' Giovanni intanto continua a sproloquiare arrabbiandosi con qualche fantasma, maledice Roma e "tutto quer casino, annate annate che se sta mejo qua". E dunque andiamo, riprendiamo la macchina, immacolata e profumata, mentre riceviamo un ennesimo invito "in paradiso" dal cavallaro, due inviti a cena e uno ad un pub (tutti dal bandito in diversi posti), ci si saluta con baci e abbracci, sono stata assimilata anch'io, merito di A. e forse della scollatura.
Al momento di andar via sono quasi le sei, la campagna romana è incantata dalla luce di fine giornata, qualche nuvola sparsa, su di una si crea come una finestra colorata, è un pezzetto di arcobaleno, un brandello di caleidoscopio, come quello in cui abbiamo trascorso il pomeriggio.
Prendiamo il Raccordo anulare con tutto il traffico del sabato, un pezzo di autostrada, usciamo e, come da copione, ci perdiamo. Perché Farlocca e l'amica di Farlocca se vanno da qualche parte con una macchina in prestito mica si portano una cartina, o le indicazioni stradali, sia mai! Ci sarà la cartina in macchina ovvio no? Quindi si va e basta per scoprire che la cartina non c'è. Essendo l'epoca dei cellulari si chiama il bandito che non risponde, si chiama Lello amico del bandito, che non risponde, si parla con due signore a spasso per la campagna romana che fanno un simposio su quale sia la strada migliore per poi darci indicazioni sbagliate, si arriva ad un bar e si prende un caffè per finalmente ricevere le corrette informazioni. Arriviamo.
Davanti ai nostri occhi si apre il regno del bandito, un autolavaggio che sembra un campo nomadi, fra baracchette, chiosco, lavoranti di ogni etnia terrestre e cani spelacchiati e non. Entriamo, parcheggiamo ed A. scende. E' come se fossimo arrivate sulla croisette di Canne, il bandito la vede e si precipita, intanto spedisce il lavorante più vicino a "da 'na botta alla machina" e sopratutto sorride. E' un uomo non giovane, di un'età indefinibile tra i 50 e i 60 anni ben portati, ha la catena d'oro di prammatica ma anche un torchon piccolo, di corallo (bellissimo) intorno al collo. Gli occhi sottili, pochi capelli e un sorriso largo che gli illumina la faccia come un riflettore. Si muove con andatura rilassata, i movimenti di chi ormai nella vita si muove a suo agio, ha anche un tatuaggio su di una dito, la sua iniziale, il tatuaggio sa di mala romana. Accoglie A. come fosse una regina ed essendo io in compagnia della regina ricevo subito un'attenzione speciale. Come ogni coatto che si rispetti anche F. è sensibile, molto sensibile, al fascino femminile, sopratutto se sa di "buona famiglia" e noi di quello sappiamo. Così ci si offre un te' freddo al chiosco senza mai staccare gli occhi dalle scollature, la mia in particolare essendo nuova ai suoi occhi, ci si offrono sigarette, battute e sguardi intensi. Ci sediamo fuori ad un tavolino del chiosco in attesa di Lello amico del bandito, sarà lui ad occuparsi della macchina di A. che è da recuperare al deposito giudiziario e poi o da buttare o da riparare, sarà Lello a formulare il verdetto essendo carrozziere. Mentre sediamo là in amene chiacchiere "che ce devi da fa ca' a machina?" "Non so se vale la pena ripararla" "mbe' c'ha l'anni suoi... me sa che è mejo si a butti e te ne fai una a rate, comunque nun te preoccupà che ce pensa Lello, è 'n fratello... oh Lello è uno pulito, ma pulito pulito... " arriva un personaggio fondamentale del luogo: Zi' Giovanni, cavallaro ultra settantenne, con una pancia da autentico bevitore-mangiatore, due occhi talmente iniettati di sangue da non sapere che colore hanno, ubriaco perso ed immediatamente colpito d'amore per le signore amiche di F. Così "Si nun ve do fastidio m'accomodo" dice prendendo una sedia e mettendosi al nostro tavolo. Il bandito sorride come un ragazzino "Vieni Zi' che tanto nun ce dai fastidio, dicce dicce" e ridacchia. Il cavallaro si accomoda, "che ce fai co ste du belle signore? si posso chiede?" biascica a fatica agitando le mani. "nun te 'mpiccia, Zi' so amiche mie" ride F. noi compitamente diamo il ben venuto. F. si alza e va a cercare Lello, io ed A. restiamo al tavolo con Zi' Giovanni che attacca a narrare, il filo logico del discorso è di difficile reperimento, ma veniamo a sapere che lui abita in paradiso, tra i cavalli, là vicino "e si volete me venite a trovà" che aveva un maneggio, ma il maneggio non conviene che "nisuno pagava". Mentre prosegue la narrazione con l'attenzione di Zi' Giovanni su di me, arriva Lello e A. gli va incontro. Resto così mezza intrappolata al tavolino con Zi' Giovanni che narra, con modalità da sbronza apocalittica, le sue avventure con un "rottevailer, 'na belva, che io mica je menavo ar cane, io sdraiavo ar padrone li-mortacci-sua, che poi me fa ... tu a me li morti nun me lidichi... e se fa brutto e io allora... " sto lì e mi godo il momento di puro neo-realismo-extra-urbano. Però Zi' Giovanni sta cominciando ad accalorarsi e tende ad avvicinarsi per meglio chiarire i concetti con effetto superciuk abbastanza devastante. Intorno è un via vai di signori e signore con macchine di vario livello, coatti con auto improbabili rabberciate con pezzi da sfascio stuccati, sgommate improvvise, risate esplosive, forse un po' tossiche. La mia osservazione del genere umano presente viene interrotta (per fortuna) dalla richiesta di consulenza di A.. Sta poco più in là, a discutere con Lello su cosa sia meglio per la macchina, concludendo che va rottamata. Intanto il bandito gioca con il bambino di Lello, un bambino bellissimo con due occhi blue mare incantevoli, mentre la madre del bambino sorveglia a distanza. Il piccolo è nato sordo, ma ora grazie ad un impianto comincia a sentire, ha una vitalità e una socievolezza straordinarie. E' evidente l'amore che questi adulti hanno per il bambino. Zi' Giovanni intanto continua a sproloquiare arrabbiandosi con qualche fantasma, maledice Roma e "tutto quer casino, annate annate che se sta mejo qua". E dunque andiamo, riprendiamo la macchina, immacolata e profumata, mentre riceviamo un ennesimo invito "in paradiso" dal cavallaro, due inviti a cena e uno ad un pub (tutti dal bandito in diversi posti), ci si saluta con baci e abbracci, sono stata assimilata anch'io, merito di A. e forse della scollatura.
Al momento di andar via sono quasi le sei, la campagna romana è incantata dalla luce di fine giornata, qualche nuvola sparsa, su di una si crea come una finestra colorata, è un pezzetto di arcobaleno, un brandello di caleidoscopio, come quello in cui abbiamo trascorso il pomeriggio.