Il 24 maggio di 3 anni fa, in una sera da nulla facenti, il mio amico maus mi ha insegnato ad usare blogspot. E' cominciata lì questa avventura web. Come tutte le cose più o meno belle che siano, ha un inizio e una fine. Oggi è arrivata la fine. Non è successo nulla di particolare, semplicemente, questo blog blu, notturno e curativo, ha finito la sua funzione. E' servito a molto, mi ha permesso di conoscere delle persone meravigliose e di diventare loro amica, mi ha persino permesso di trasformarmi da persona singola in chimera, insieme a gillipixel che per fortuna ha ancora molto da raccontare.
Il blog mi ha curata, divertita, stimolata, quindi lo lascio qui, si può commentare, si può leggere, ma io non lo aggiorno più. E' arrivato il momento di passare a qualcosa d'altro, cosa non so, ma quando lo scoprirò so già che sarà divertente.
Oggi un mio amico presentava il suo libro all'Auditorium di Roma, é un amico di tutta una vita, secondo me scrive benissimo e quindi ve ne consiglio la lettura, il libro è La pazzia di Dio di Luigi De Pascalis. Non vi consiglio invece le presentazioni dei libri in generale, quelle fanno venire l'orticaria. Be' non sempre, di libri Luigi ne ha scritti vari e li ha anche presentati, molto molto bene, con momenti esilaranti, con la tenerezza che lo caratterizza nel parlare dei suoi personaggi, che lo chiamano a scrivere, ognuno al momento opportuno; sa raccontare, senza retorica, come nasce una storia di quelle che racconta. Insomma lui li sa presentare i suoi lavori. Il problema nasce dalla natura stessa della presentazione, è questo un momento altamente commerciale, necessita di visibilità e quindi richiede il vip o semi-vip della moderna cultura che presenzia ed interviene. E qui cominciano le disgrazie. Un momento, non cominci la sempre presente voce dal fondo a dire che sono la solita snob, che volevo quello/a con 6 lauree e 3 dottorati per la presentazione. No, per me poteva esserci anche il Piotta (d'antica memoria) o Biscardi a fare il vip, andava bene, anzi meglio forse, perché il libro non lo avrebbero mai letto prima di venire e magari mi facevano ridere. Un momento che finisco di dire. Mi serve ancora tempo. Per giustificare questa mia affermazione ho bisogno di una breve digressione sul concetto di lettore di libro.
I lettori di libri possono essere di tanti tipi, ci sono quelli innamorati delle parole che se trovano anche un libro di cucina ben scritto se lo bevono dalla prima all'ultima sillaba; quelli innamorati della carta stampata in quanto tale, con relativa venerazione feticista dell'oggetto; quelli superficiali, leggono il risvolto di copertina, il primo e l'ultimo capitolo e stanno bene così, come ci sono quelli che un libro, qualunque esso sia, anche se fa schifo, lo devono finire per forza; quelli che leggono l'introduzione e la postfazione prima di cominciare il testo vero e proprio, quelli che invece le leggono solo dopo, quelli che i libri li leggono solo per prender sonno e quelli innamorati delle storie che vengono narrate che, se la storia li prende, non dormono fino alla fine della medesima. Ovviamente esistono poi tutte le possibili mescolanze di queste categorie (non ho alcuna pretesa di esaustività nella mia lista sia chiaro). Io appartengo in larghissima misura all'ultima categoria, amo le storie che mi si raccontano tra le pagine di un libro, se la storia è pallosa, per quanto ben scritta, raramente arrivo alla fine. Debbo inoltre ammettere che i libri di Luigi hanno per me una caratteristica speciale, li comincio a leggere e sento un profumo di legna di camino o di sera d'estate, ogni volta è come se mi sedessi accanto a lui e mi faccessi raccontare una storia. Me la godo come se sentissi la sua voce narrante che mi porta a spasso tra realtà e fantasia, come se avessi 5 anni e il mondo fosse un luogo di cui non so quasi nulla.
Quindi immaginate l'atteggiamento della Farlocca in sede di presentazione, sta lì assaporando anticipatamente anedotti e chiacchiere sui personaggi, pregustando un possibile profumo di camino che magari può scaturire tra una frase dotta e uno sfoggio vippesco, insomma è lì che regredisce ai 5 anni su citati, quasi si acciambella con il dito in bocca... e allora comincia a parlare il semi-vip di turno... e le racconta la storia del libro, i perché e i per come, anche quasi il come-va-a-finire. Mentre le esce fumo nero dalle orecchie, le si attorcigliano le budella e sta per mettere mano al primo oggetto che ha accanto (il libro firmato), si rammenta dell'antica amicizia che la lega all'autore evitando così il lancio-di-copia-autografata-in-testa-a-semi-vip.
Queste sono le disgrazie di cui sopra, un/a fetente che per far vedere che ha fatto i compiti, che è dotto/a, ti riporta al mondo reale quando sei pronto a fare un salto nella fantasia... secondo me dovrebbe essere reato punibile almeno con ammenda pecuniaria.
Mentre tornavo a casa bofonchiando e ribollendo come una pentola di brodo, mi sono però ricordata di un aspetto della mia vita che in questo periodo mi affligge: mi dimentico le cose, sono quasi preoccupante nella mia smemoratezza. Ora però questo fatto mi torna utilissimo: tra un paio di giorni non mi ricorderò più niente della storia malamente narrata dal semi-vip. Potrò aprire il libro, sedermi vicino al camino e farmi raccontare, dalle parole di Luigi, tutta la storia, godendomela, fino alla fine proprio come se avessi ancora 5 anni.
Le mie ossa ormai scricchiolano per tutta l'acqua che ho preso sulle mie due ruote fino ad oggi. Stamattina, però, guardando fuori ho visto che c'era un sole magnifico a Roma. Il cielo finalmente parla di primavera e le ore di luce cominciano ad essere in un numero ragionevole. Quindi ora faccio una mia personale celebrazione, con colori e canti, con minuti rubati per star seduta al sole. Benvenuta primavera, ti porgo il più ovvio degli omaggi musicali, che comunque resta una delle cose più belle mai fatte in tuo nome, tu vedi un po' di ricambiare evitando di piovere subito....
Io in giappone sogno di andarci da sempre, là c'erano luoghi che volevo vedere, sentire, annusare. Ora non ci sono più. C'erano persone che ora non ci sono più, c'erano alberi e fiori, ora c'è solo la speranza che questa gente straordinaria possa tornare a sorridere.
Sono arrivato fino a qui
senza morire –
e finisce l’autunno
Leggevo le divagazioni del mio amico gillipixel, come spesso accade con la mia mezza chimera, ero anche io lì che me la tiravo sul divagamento inutile. Lui scriveva di bianco e nero ed io anche elucubravo sul medesimo tema. Per chi conosce questo blog da tempo c'è stata un'epoca in cui ho giocato con un amico fotografo a costruire post con le sue immagini (cfr etichetta "foto di sandro") e le mie parole, le foto erano tutte rigorosamente in bianco e nero. Spesso rielaboro immagini, scatti miei o roba dalla rete, eliminando il colore, se non è bianco e nero, è bianco e blu, così solo per essere in tinta con il blog. Ma da dove viene questa passione a basso contenuto cromatico? In fondo a me i colori piacciono, nella vita sono spesso vestita in modo molto colorato, anche se vesto di nero, aggiungo una nota di colore, e allora da dove viene questa passionaccia acromatica?
L'ispirazione illuminante arriva da un passo di un libro che sto leggendo, Dalla città nervosa di Enrique Vila-Matas, un libro fatto di frammenti, in uno di essi si parla di cinema e letteratura, di immagini raccontate e immagini proiettate, cito "Se in un libro si dice che in una stanza c'è una sedia, quella sedia sarà vista dai diversi lettori in modi diversissimi. Un principe, ad esempio, immaginerà una sedia stile Luigi XIV, mentre un mendicante penserà che si tratti una sedia vecchia e sgangherata. Invece se in un film compare una sedia, questa non potrà essere altro che quella che vedono tutti quanti". Mentre leggevo mi si è formata nella testa un'immagine, una stanza vuota con una sedia, certo una sedia ben precisa, ma senza colore, una sedia in bianco e nero. Ecco se proietto questa sedia, ho pensato, non c'è solo quella sedia, c'è la sua forma e poi ci sono tutte le sedie di quella forma colorate come vuole chi guarda. Se prendo una foto in bianco e nero vedo delle forme precise, certo non ne posso inventare altre, ma posso colorarle come voglio. Il vincolo visivo è solo parziale, l'immagine, anche se vincolata nella forma è libera nel colore, insomma il bianco e nero, l'immagine acromatica, è un po' come un brano letterario, lascia libera buona parte dell'immaginazione. Ecco perché levo il colore da tante foto, così voi che le vedete ci mettete quello che vi pare pure se vi costa fatica....
Di solito ho un rapporto difficile con gli adolescenti. Per me è stata un'epoca orribile della vita, buia, senza gioia e impregnata di personale stupidità. Ciò dovrebbe spingermi ad essere estremamente comprensiva e accogliente con i medesimi, ma confesso un senso di fatica disperante ogni volta che devo interagire con più di un paio di ragazzini alla volta. Più che fatica, ecco, be', insomma li strangolerei. Quando vado in palestra, ad esempio, in contemporanea ai corsi che seguo io, c'è un corso di danza, con un'insegnante brava e molto simpatica, ma popolato da ragazzine tra i 12 ed i 16 anni. Ragazzine della periferia romana, nutrite a pane e televisione sin dalla più tenera età, chiassose, invadenti e decisamente insopportabili. La cosa più intelligente che gli si sente dire è "te sto a fregà na gomma... mica t'encazzi vero?" (traduzione: sto prendendo una gomma da masticare dalla tua borsa, la cosa non ti disturba vero?). Tutti i discorsi, quando va davvero bene e non parlano di televisione, sono conditi di "quella stronza de' italiano, oggi me s'è 'ncazzata perché ho scritto che con la k... ma se po' sentì" o "quella stronza di matematica... m'ha 'mbruttito oh, solo che stavo a dì na cosa all'amica mia! ma scialla no?!" o 10 minuti su quanto è bono quello e se sia il caso "de facce quarcosa". Va be' lo so che poi passa e molte di loro diventeranno luminari di questo o quello, lo so, ma a me viene l'orticaria e le strozzerei.
Sono però consapevole che non tutte le adolescenti sono deficienti, anzi ce ne sono di meravigliose che tra un scialla e a-ma'-nun-rompè hanno molto più che ormoni in tempesta tra le orecchie. Guardo mia nipote quindicenne e vedo una meraviglia, vedo una ragazza in gamba, intelligente e pure bella. Penso però di essere di parte, quindi questo esempio non vale. Ma veniamo al punto.
Oggi sono andata brevemente alla manifestazione in piazza del Popolo, non sono nemmeno riuscita ad entrare in piazza tanta era la gente presente, dalle monache alla ragazzette con percing e ormoni in tempesta. Mi sono guardata un po' intorno e dopo poco ho ripreso la metropolitana e sono tornata a casa. Uscendo dalla metro mi trovo accanto a due ragazzine, carine entrambe, una delle due decisamente bella. Abbigliamento rigorosamente etnico, collanine a sfare, ciocche colorate. Le due fanciulle erano tampinate da due giovanetti intraprendenti, con fare un po', come dire, coatto. Ascolto lo scambio di battute in corso. Uno dei due, il più intraprendente, si rivolge alla bellissima e le chiede dove va a scuola, lei risponde con il nome di un prestigiosissimo liceo classico romano. Il ragazzo sgrana gli occhi e:
"ammazza oh! e come t'a cavi?"
Lei: "bene, molto bene, mi piace molto studiare"
Lui ride: "ma scusa a una bona come te che cazzo je serve de studià? ce poi diventà deputato!"
Lei, tranquillissima: " certo, m'a cavo pe' 'n po' d'anni poi quanno so vecchia che faccio? vado a dì alla gente me dovete mantenè perché so stata na gran figa? ma sai le pernacchie che me fanno!"
Oggi non avevo nulla da fare, poca concentrazione, nessun neurone orientato allo scrivere. Così mi sono messa a ravanare su youtube e ho trovato un vecchio spettacolo di Benigni. A me piace Benigni, tanto, mi fa ridere da sempre e spesso sono molto d'accordo con le cose che dice. Ho guardato il pezzo di spettacolo che è diviso in 3 filmati, ve li metto qui sotto. Alla fine dei tre brani, ho avuto però una sensazione abbastanza sgradevole: mi sembrava di essere ancora nel 1995. Ditemi se sono io o se è proprio che, in certi ambiti, il tempo si è praticamente fermato.