Gli alberi invernali, i platani di Roma in particolare, hanno per me un fascino speciale. I loro rami ricamano trine di nulla a contrasto con il cielo, se questo poi è limpido, ne nasce un merletto, una passamaneria eterea e complicata, come nessuno potrà mai realizzare. Per questo mi piace guardarli in quelle (quest'anno rarissime) giornate di cielo limpido, quando magari fa un freddo dell'altro mondo, ma la luce è intensa. Cammino lungo il Tevere, andrei con il naso per aria, non fosse che la via è sempre affollata, allora ogni tanto mi fermo, appoggio la schiena al parapetto dell'argine, allungo un po' le gambe e mi perdo tra i rami. Gli occhi saltano da un ramo ad un rametto, ad un altro ancora più piccolo. Si perdono nella trama labirintica degli incroci, nei disegni leggeri creati dagli spazi vuoti. Così facendo un senso di bellezza e pienezza si forma, quel senso di piacere del vivere, cosa che ci concediamo raramente, diventa centrale. Se poi è domenica, magari anche di mattina presto, c'è anche poco traffico, il vento porta via la puzza di smog, l'aria sembra quasi pulita, la respiro con il naso gelato, la assorbo insieme all'odore del fiume, al grido dei gabbiani. Ad ogni espirazione un po' di detriti escono, qualche doloretto dell'anima, qualche ricordo spiacevole in più, lo lascio là nel merletto fatto di cielo e legno.
Se io, ancor che nessuno,
potessi avere sul volto
quel lampo fugace
che quegli alberi hanno,
avrei quella gioia
delle cose al di fuori,
perché la gioia è dell'attimo;
dispare col sole che gela.
Qualunque cosa m'avrebbe meglio
giovato della vita che vivo -
vivere questa vita di estraneo
che da lui, dal sole, mi era venuta!
Viaggiare! Perdere paesi!
Essere altro costantemente,
non avere radici, per l'anima,
da vivere soltanto di vedere!
Neanche a me appartenere!
Andare avanti, andare dietro
l'assenza di avere un fine,
e l'ansia di conseguirlo!
Viaggiare così è viaggio.
Ma lo faccio e non ho di mio
più del sogno del passaggio.
Il resto è solo terra e cielo.
(Fernando Pessoa)
potessi avere sul volto
quel lampo fugace
che quegli alberi hanno,
avrei quella gioia
delle cose al di fuori,
perché la gioia è dell'attimo;
dispare col sole che gela.
Qualunque cosa m'avrebbe meglio
giovato della vita che vivo -
vivere questa vita di estraneo
che da lui, dal sole, mi era venuta!
Viaggiare! Perdere paesi!
Essere altro costantemente,
non avere radici, per l'anima,
da vivere soltanto di vedere!
Neanche a me appartenere!
Andare avanti, andare dietro
l'assenza di avere un fine,
e l'ansia di conseguirlo!
Viaggiare così è viaggio.
Ma lo faccio e non ho di mio
più del sogno del passaggio.
Il resto è solo terra e cielo.
(Fernando Pessoa)
6 commenti:
la trama dei rami spogli è proprio un bel vedere, Farly, hai descritto benissimo una situazione che stilla poesia da tutti i suoi dettagli...sono belli questi giochi visivi "improvvisati su" con elementi semplicissimi, ma ricchi di evocatività (...non so se si dice :-)...sono molto meglio di sky e mediaset e la rai :-)
ressecul dice blogspot, richiamando a svolettare fra i rametti un piccolo parente del cuculo (secondo i più poetici esegeti), oppure infrangendo di botto la poesia (secondo interpreti campagnoli ben più rozzi :-)
molto bello questo scrittino, complimenti!!!
eeeh eeeh caro gilly, il giorno che scriverò una cosa che ti farà schifo metterò una fascia a lutto... però me lo devi dire nel caso ...
saluti al cuculo
ehehehe...non credo capiterà, Farly...e in ogni caso, se mai dovesse arrivare quel giorno, allora sarà segno che avrò perduto la capacità d'intendere, per cui non farò testo, ma solo testa...di...cuculo :-)
ieri sera, camminando sul lungotevere, ho pensato a quante variazioni esistono dei tuoi deliziosi merletti!!!
xxx
a.
sto coso dice "malla"
tipo: mallaccappatoiodovel'hailasciato?
:D
sui merletti arborei, l'accappatoio è lì appeso :-)
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