Sono mesi che ho scattato questa foto, me la riguardo ogni tanto. Le mura diroccate da cui emerge la porta nuova, il contrasto tra il nuovo e il vecchio, tra l'aperto delle rovine e il chiuso della porta. E' l'allegoria di certi momenti complicati della vita: è successo qualcosa che ha provocato rovine dentro di noi. Un evento che lascia macerie dietro di sé, che richiede un'opera di ricostruzione interiore. Quasi tutti cominciamo a ricostruire dalla porta. Prima ancora di spazzar via i calcinacci, diamo una sistemata al muro esterno e montiamo una bella porta nuova, magari blindata, la chiudiamo e ci mettiamo al lavoro dietro di essa. Ci diciamo che è una scelta necessaria, per ricostruire devo recuperare le forze, non posso permettere a chiunque di entrare e venirmi a disturbare mentre faccio pulizia, lavoro di cazzuola e cemento, cerco di risistemare gli impianti. Magari qualche ben intenzionato vuol dare una mano e poi mi incasina l'impianto elettrico... Per carità! Fuori tutti!! Per un po' sto qui con la porta chiusa, per un po' dico. Certo così facendo rischio di tener fuori anche chi davvero può essermi d'aiuto, un bravo idraulico, un elettricista capace, il piastrellista, che io poi le piastrelle non le so nemmeno montare. Ma ormai ho montato la porta e l'ho chiusa, faccio da me. Per un po' ribadisco, ma il momento di aprire sembra non venire mai.
In effetti guardo questa foto e mi rivedo, tanti anni fa, nascosta tra le mie macerie, a contemplare lividi (metaforici e reali), a sistemare oggetti, a cercare di capire come evitare altri sfaceli di quella portata. La porta chiusa per mesi, nascosta là dietro a guardare ogni tanto dallo spioncino, così per vedere se passava qualcuno. Non aprivo, se bussavano non lasciavo entrare, si poteva anche parlare un attimo sulla soglia, poi via a richiudere di corsa. Dalla soglia della mia casa diroccata accettavo poche cose, qualche idea, qualche piccolo scambio, in fondo ero lì occupata a rivivere ogni giorno lo sfacelo. Una bella cretinata in effetti. Già ero stata male e ora in quell'isolamento totale, non facevo che rivivere il dolore spaccando il capello in quattro su tutti i passaggi del già-vissuto. Fuori da quella porta avevo chiuso tutti, ma sopratutto avevo chiuso una parte importante di me, una parte orgogliosa sì, che non voleva accettare i risultati miserabili ottenuti, che parlava appunto di risultati rifiutando il termine fallimento, che si infuriava per le macerie, negandole e chiamandole invece "rinnovamento" e ripeteva "te l'avevo detto io!", una parte enormemente vitale che tra una sfuriata e l'altra cercava soluzioni, nuove idee e grandi aperture, la parte coraggiosa. Poi, come per caso, un giorno ho socchiuso la porta, l'ho vista lì, che girava, sempre davanti alla porta, con aria vaga, facendo finta di niente. La guardavo perplessa, finché si è girata verso di me e ha detto:
In effetti guardo questa foto e mi rivedo, tanti anni fa, nascosta tra le mie macerie, a contemplare lividi (metaforici e reali), a sistemare oggetti, a cercare di capire come evitare altri sfaceli di quella portata. La porta chiusa per mesi, nascosta là dietro a guardare ogni tanto dallo spioncino, così per vedere se passava qualcuno. Non aprivo, se bussavano non lasciavo entrare, si poteva anche parlare un attimo sulla soglia, poi via a richiudere di corsa. Dalla soglia della mia casa diroccata accettavo poche cose, qualche idea, qualche piccolo scambio, in fondo ero lì occupata a rivivere ogni giorno lo sfacelo. Una bella cretinata in effetti. Già ero stata male e ora in quell'isolamento totale, non facevo che rivivere il dolore spaccando il capello in quattro su tutti i passaggi del già-vissuto. Fuori da quella porta avevo chiuso tutti, ma sopratutto avevo chiuso una parte importante di me, una parte orgogliosa sì, che non voleva accettare i risultati miserabili ottenuti, che parlava appunto di risultati rifiutando il termine fallimento, che si infuriava per le macerie, negandole e chiamandole invece "rinnovamento" e ripeteva "te l'avevo detto io!", una parte enormemente vitale che tra una sfuriata e l'altra cercava soluzioni, nuove idee e grandi aperture, la parte coraggiosa. Poi, come per caso, un giorno ho socchiuso la porta, l'ho vista lì, che girava, sempre davanti alla porta, con aria vaga, facendo finta di niente. La guardavo perplessa, finché si è girata verso di me e ha detto:
Se qualcuno un giorno bussa alla tua porta,
dicendo che è un mio emissario,
non credergli, anche se sono io;
ché il mio orgoglio vanitoso non ammette
neanche che si bussi
alla porta irreale del cielo.
Ma se, ovviamente, senza che tu senta
bussare, vai ad aprire la porta
e trovi qualcuno come in attesa
di bussare, medita un poco. Quello è
il mio emissario e me e ciò che
di disperato il mio orgoglio ammette.
Apri a chi non bussa alla tua porta.
(Fernando Pessoa, Se qualcuno...)
dicendo che è un mio emissario,
non credergli, anche se sono io;
ché il mio orgoglio vanitoso non ammette
neanche che si bussi
alla porta irreale del cielo.
Ma se, ovviamente, senza che tu senta
bussare, vai ad aprire la porta
e trovi qualcuno come in attesa
di bussare, medita un poco. Quello è
il mio emissario e me e ciò che
di disperato il mio orgoglio ammette.
Apri a chi non bussa alla tua porta.
(Fernando Pessoa, Se qualcuno...)
E così ho aperto.
11 commenti:
Bello, Farly...molto molto bello...anzi, dirò di più: molto molto cotati!!! :-)
E' singolare in effetti come le scelte cruciali passino sempre attraverso dei paradossi...ma quell'ostinazione credo sia tipica dell'età acerba...maturando si tende ad accettare di più gli opposti e a concedere loro di convivere in contemporanea, senza scandalo della nostra ragione :-)
Questo blog è un angolo di soavità applicata :-)
nell'età acerba come la chiami tu il paradosso non è sostenibile perchè la fame di sicurezza è troppo grande. spesso però con il passare del tempo ci difendiamo dai benefici del paradosso, dalla sua potenza comunicativa, trasformandoli in "cose-poco-serie" e "risibili"... comunque di ostinati non in età acerba (anzi) dalle mie parti ne girano 'na cifra! :-) grazie qui si cerca di essere soavi onde non ritrovarsi schiacciati dalla pesantezza... :-)
squisitamente condivisa la riflessione sul 'chiudere fuori se stessi, mentre ci si "protegge" dagli altri'. la foto è struggente. sempre grazie, amica cara
a.
certo, Farly, un elemento che non avevo citato, e giustamente hai puntualizzato tu: le capacità ironiche sono fondamentali per passare indenni (e anzi, trarre benefici) sotto la schiacciasassi vellutata del paradosso :-)
baccu, dice blogspot: e allora brindiamo, nel nome di questo nume tutelare del cannonau doc :-)
Parla una blindatrice di porte.
La mia porta è rimasta chiusa per anni, non per scelta, ma per costrizioni esterne.. fuori tirava vento, un vento di rifiuti :-)
Alla solitudine mi ci sono abituata a forza, ma poi ha cominciato a piacermi.
Oggi, ammetto, sono la prima a vivere con leggerezza, a favore di cambiamenti e novità..
Ma non rinnego le mie amate fasi di asocialità.
In genere, credo, quello di cui sentiamo di avere bisogno, è la cosa giusta per noi in quel momento.
Ciao!
cara valentina, non sono d'accordo sul "quello di cui sentiamo di avere bisogno, è la cosa giusta per noi in quel momento." troppo spesso ci raccontiamo balle, solo per non sentire dolore, esiste una terribile e demoniaca inerzia in ciascuno di noi ed una meravigliosa capacità di adattamento anche alle situazioni più di merda. siamo capaci di decidere di "trovarci bene" anche in quelle. spesso perchè la paura del cambiamento è più forte del disagio della situazione.... :-)
aggiungo: questo non vuol dire che si debba stare a sentire chiunque ci dica muoviti... semplicemente c'è da chiedersi meglio se resistiamo al cambiamento o se invece stiamo facendo una pausa :-)
Effettivamente mi riconosco nella capacità di adattamento anche alle situazioni più di merd. :-)
Però mi piace credere che le porte che abbiamo chiuso, giunti a un certo punto, si possano socchiudere quasi naturalmente, da sole.. poi sta a noi scegliere se lasciarci sedurre da quel che sta fuori o se lasciarci invece vincere dalla pigrizia. :-)
sì una bella seduzione, le porte si aprono un po' da sole sta poi a noi vedere cosa c'è fuori... :-)
ti si legge sempre silenziosi come a prendere una boccata d'aria. e stavolta non mi viene in mente nemmeno una stronzata...
caro papero, prometto di darti maggiori appigli nei prossimi post... ;-)
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