venerdì 4 luglio 2008

Vacanze 2






Ebbene sì lo ammetto: a me gli stati uniti piacciono. Non fraintendiamoci, il loro sistema sanitario nazionale mi fa orrore, la loro politica estera mi fa schifo e la american way of life non credo proprio faccia per me (ci ho provato a farmela piacere ma non ce l'ho fatta). Però il paese mi piace. Ci abitano 300milioni di persone, è un paese immenso e quindi ci si trova di tutto. La diversità (in senso biologico e culturale) che lo caratterizza lo rende uno dei posti più affascinanti del pianeta. Prendiamo ad esempio un altro pezzetto di questa mia (favolosa per me) vacanza americana.
Mi sveglio presto, un po' il jet lag, un po' è sempre così. Con onesy (il gatto) prendo il caffè e facciamo un giretto in giardino, tanto per vedere se la magnolia continua ad essere bella. I miei amici devono andare a lavorare, quando si svegliano ragioniamo insieme su cosa potrei fare nel frattempo. Ho a disposizione una macchina (è di uno dei figli del gallese che al momento è altrove), quindi posso andare ovunque. Ma il pensiero corre alle cose che non si fanno mai nella vita normale, sei sempre troppo di corsa e piena di pensieri: mi vado a fare manicure e pedicure. La maestra di yoga propone un posto, il gallese mi disegna una mappa e mi da indicazioni, so che mi perderò, non mi ha mai dato indicazioni stradali comprensibili... metto a fuoco un paio di punti essenziali e mi avvio. La macchina non ha il cambio automatico e questo mi rilassa, mi perdo come previsto, ma grazie ad un paio di punti fondamentali trovo il luogo.


Bisogna ricordare che negli US vige il culto-dell'unghia-perfetta, non ho mai capito perché ma così è, quindi in un posto dove fanno mani e piedi ti fanno di tutto: massaggio piedi con acqua turbo, massaggio alle gambe, piedi e mani... insomma un'esperienza dell'altro mondo.
Per tornare ci metto un po' dato che mi ri-perdo, ma non ho niente da fare e così mi godo il vagabondare tra villette e prati. Dopo un po' la maestra di yoga torna e si parte per la sua casa al mare, long beach island. Di nuovo un posto incantato. Una baia di acqua bassa con isolette flottanti piene di uccelli marini che fanno il nido là per la stagione. Quando vedo gli uccelli mi rendo conto che sono davvero dall'altra parte dell'oceano, a parte i gabbiani e qualche airone, non ne riconosco uno.
La casa è piccola, molto carina e con un giardino curioso pieno di oggetti particolari e statue orientali. Si respira un'atmosfera pacifica e rasserenante, pochi rumori, il vento.
Andiamo a passeggiare, incontriamo pescatori sfigati e strani cartelli.

Poi ci immergiamo tra le dune e la macchia per emergere accanto al faro, il cielo azzurro intenso, la marea che sale veloce, il colore dell'edificio, per me è come un film al rallentatore. Mi sento tornare viva e mi godo ogni singolo respiro.

Tornando verso casa ci fermiamo al negozio di souvenir, non che se ne vogliano comprare ma lei sostiene che questo negozio vende alcuni tra gli oggetti più kitsch del mondo e vuole mostrarmeli. Ha perfettamente ragione, il primo premio lo vince la palla di vetro con neve messa nella bocca di uno squalo di plastica azzurra e con un surfista basculante all'interno. E' già nella rubrica del "mai più senza".
Arriva il gallese si va a cena (ottima) e poi a dormire, la luce del faro lambisce i miei piedi mentre il rumore del mare mi culla in lontananza.
La mattina la maestra di yoga prende u aereo per andare a trovare nipoti vari, io e il gallese optiamo per un'uscita in kajak nella baia. Due ore a remare, chiacchierare e ciondolare in mezzo alle isolette e agli uccelli marini. Si fanno programmi sul seguito. Io voglio andare a New York, desidero fare alcuni giri ed andare a seguire un paio di lezioni che si terranno nel pomeriggio su cose di mio interesse specifico. Allora rapido pranzo e di corsa alla stazione degli autobus. In un'ora e mezza sono a Port Authority sulla 42nd strada. Un delirio!
Dalla quiete assoluta al casino metropolitano più completo. Ma è una bella giornata, calda, ventosa e secca, si cammina bene. La diversità di cui sopra è tutta lì davanti ai miei occhi, gente di ogni colore, razza, idee e quant'altro gira per la strada, l'unica cosa che hanno in comune è il cellulare... tutti parlano al telefono tranne quando attraversano, manco fossimo a Roma!
Cammino, mi fermo in un caffè perché è ancora presto, bevo caffè freddo e guardo la gente, gli oggetti, il movimento. Qui ci ho vissuto tanti anni fa, mi piaceva allora e mi piace adesso, per me New York è un concentrato del mondo metropolitano, ci sono pezzetti di tutte le città, da Delhi a Roma passando per Parigi e Tokyo, un specie di brodo concentrato del mondo.

Seguo le mie lezioni, poi raggiungo il gallese che insieme a uno dei figli e ad un suo amico mi aspettano per andare a cena. L'amico è uno strano e simpatico personaggio, un omone vero WASP cioè bianco, alto borghese americano, ma parecchio anticonvenzionale. Fuori da ogni cliché sul genere. Fumatore, bevitore e gourmet, infatti propone lui il ristorante
Be' se qualcuno vi dice che negli Stati Uniti si mangia male non credetegli, sopratutto se si parla di New York. Cena a quattro stelle!
Ci si saluta magari domani si va al mare insieme, torniamo nel New Jersey. Mi fermo a pensare un momento: ma dove altro al mondo avrei mai potuto passare una giornata così, in cui si va dalla natura più pura e pulita al casino metropolitano totale senza alcuno sforzo?
E sopratutto, che voglio di più dalla vita?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

ma onesy il caffè lo prende con o senza zucchero?.....no, lo chiedo perchè mi interessa capire se ha origini napoletane...:-) V

PS.: scrivi proprio bene

Anonimo ha detto...

beh! anche a casa mia succede più o meno lo stesso.....ma in senso temporale...in un minuto passi dalla tranquillità paradisiaca al casino tragico....ma più volte nello stesso minuto! :-) V