giovedì 19 giugno 2008

La boa dei sei mesi

C'è un momento importante nell'elaborazione di qualsiasi lutto, il momento in cui si comincia davvero ad alzare la testa, il dolore alla bocca dello stomaco comincia a diradarsi, a perdere d'intensità, le lacrime si fanno solo occasionali e piano piano l'anima si apre. Di solito questo momento si verifica dopo circa sei mesi dall'evento luttuoso.
Bisogna notare che di solito l'abbandonato/a, appena diventa tale, tende a sviluppare delle spine che quelle di un saguaro sono rade al confronto, la pelle, seppur apparentemente liscia e vellutata, si copre di impenetrabili (spirituali) spine pungentissime. L'abbandonato diventa respingente, chi si avvicina e fa il carino/a viene immediatamente respinto con ogni sorta di argomentazione.
Parlare all'abbandonato/a di nuove amicizie è sostanzialmente inutile "vieni che ti presento Tizio o Caia" è cosa superflua, fosse pure Adone o Venere con il cervello di un illuminato Zen, verrà trovato sostanzialmente disgustoso. La ferita aperta duole troppo e qualunque rapporto nuovo richiede un mettersi in gioco che è fisiologicamente impossibile per il/la convalescente.
Ma arrivano i fatidici sei mesi, se il soggetto è passato già per qualche lutto, ci spera, ci conta, attende fiducioso/a quel momento magico in cui riuscirà a condurre una conversazione normale e magari anche affettuosa ed ammiccante con qualcuno. Attende e ci lavora. Tutte le mattine si sveglia e cerca di ricordare qualche orrido difetto del fuggiasco/a, tutte le mattine davanti al caffè, quando compare l'immagine di "noi due a fare colazione", furiosamente invoca immagini fastidiose dell'altro. Quando prepara da mangiare si ostina a cucinare solo cose che all'altro facevano sostanzialmente schifo, va a vedere tutti i film che l'altro non avrebbe mai voluto vedere e così via. Ci lavora e spera.
Poi arriva la boa, la giri senza neanche pensarci, e, come per miracolo, stai di nuovo su con la testa. Un giorno cominci a chiacchierare con uno sconosciuto/a, quello ti fa un complimento e invece di morderlo, sorridi e sbatti le ciglia (o gonfi il pettorale, equivalente maschile dello sbattimento di ciglia), fai una battutina scema e ti rilassi godendoti il gioco. C'è di nuovo un senso di leggerezza in ciò che fai, ti senti un po' come la figura del Matto di certi mazzi di tarocchi, pronto a passeggiare sul bordo di un precipizio.... Guardi il calendario e ti rendi conto... 'azz sono passati sei mesi.

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