venerdì 3 ottobre 2008

Camminando


foto di Sandro B.
A me piace camminare. Perdermi per le strade di una città, vagare senza meta oppure definire percorsi sia cittadini che non, masticare chilometri con le scarpe, annusando, guardando, ascoltando i luoghi e le situazioni che incontro.
Cammino da sola o in compagnia, vanno bene entrambe le situazioni. Da sola cammino sopratutto in città, in ambienti naturali non ho mai sviluppato un gran senso di orientamento e quindi preferisco andare in compagnia di chi non si perde. In città non mi perdo mai, quindi vado.
Camminare mi serve sopratutto per due scopi: puro piacere e smettere di dare i numeri (quando li sto dando). Nel secondo caso sono stata capace di camminare anche per 6-8 ore senza quasi mai fermarmi, specialmente se il dare i numeri era legato a dolori dell'anima. Tant'è che nel passato inverno ho percorso, in solitudine, un numero spropositato di chilometri. Il movimento lenisce l'anima, impone il ritorno al corpo e quindi al reale, ferma la mente che va per fatti suoi, la porta a concentrarsi sui piedi, sulle gambe, sulla strada e quindi ad abbandonare i deserti o i mari in tempesta che a volte la fagocitano. Dopo un po' la stanchezza prevale e finalmente si fa silenzio.
Nel camminare è poi possibile una dimensione di attenzione a ciò che ci circonda che normalmente non abbiamo, la macchina, la moto portano ad un non-vedere, ad un'attenzione priva di particolari tesa solo ad evitare di finire arrotati/investiti/travolti da altre macchine/moto. Così, ogni tanto, è nutriente guardarsi intorno, con calma. E non solo guardare, ma anche annusare, ascoltare, sentire con il resto del corpo l'ambiente circostante. Il nutrimento di cui parlo lo rappresentano bene il racconto Passi* di A volte penso che, la foto e la poesia che ho associato a questo post. Attimi, frammenti che evocano in ciascuno giochi di luce che improvvisamente rendono la vita non banale, anche se, a pensarci bene, non è successo proprio niente.

Il fiorire dell'incontro casuale
di coloro che resteranno sempre estranei...

L'unico sguardo indifferente ricevuto per caso
dalla straniera frettolosa...

Le parole episodiche scambiate
con il viaggiatore episodico
durante l'episodico viaggio...

Grande pena che tutte le cose non siano che frammenti...
Cammino senza fine...

(Fernando Pessoa, Poesie di Alvaro de Campos, 30 aprile 1926)
*se vi interessa cercate il Messaggio N°407 e continuate a leggere

1 commento:

Gillipixel ha detto...

Camminare e pensiare sono veramente due attività che si completano benissimo...che se lo dicessi solo io, non sarebbe un granchè, ma già gli stessi Aristotele e Nietzsche mi pare lo affermassero e lo mettessero in pratica, il che cambia un po' la prospettiva della cosa in senso nobile :-) articolo molto carino...